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12=1 | DI DARIO PELLEGRINI
Aprile 15

12=1 | DI DARIO PELLEGRINI
Il post Juventus-SportingClub de Lisboa si porta dietro l’entusiasmo di una vittoria sofferta e qualche preoccupazione sul match di ritorno all’Josè Alvalade, un incontro che non sembra poter riservare una facile discesa alla compagine guidata da Massimiliano Allegri. D’altronde l’1-0 casalingo, oltre alla firma del marcatore Gatti, porta le iniziali del secondo portiere bianconero: Mattia Perin. Da quando è tornato a calcare i campi della Continassa l’ex capitano del Genoa sembra essersi totalmente evoluto rispetto alla sua prima esperienza bianconera, adesso Mattia pare capace di farsi trovare sempre pronto e determinante nei momenti in cui viene chiamato in causa. A cosa questo sia dovuto è difficile scoprirlo perché penso che molto di quello che stia vivendo sia frutto di una crescita mentale e di un ritrovato entusiasmo verso la causa bianconera testimoniato dal recente rinnovo di contratto formalizzato a cifre inferiori rispetto allo stipendio percepito precedentemente. Un segnale importante che ha fatto comprendere all’intera tifoseria quanto Perin stia bene a Torino e veda nella città sabauda il futuro della propria carriera. Inoltre, con le prestazioni dell’ultimo biennio, trovo che Perin si stia guadagnando un posto nella storia della Juventus in un ruolo che viene troppo spesso sottovalutato per importanza e difficoltà, quello del secondo portiere. Prendo spunto dalla sua prestazione per parlare di qualche illustre predecessore di Perin che ha saputo ritagliarsi uno spazio importante nella mente di ogni supporter della Vecchia Signora, ogni epoca ha avuto il suo secondo e, ognuno di noi, penso abbia sempre lanciato un pensiero alla figura di giocatori in perenne equilibrio tra la voglia di partecipare e l’obbligo di sostenere.
-Marco Storari
Partiamo dall’esempio più recente, un estremo difensore che avrebbe potuto ricamarsi il ruolo di titolare nel 70 per cento delle squadre di Serie A. Ed effettivamente, quando arrivò alla Juventus durante l’estate del 2010, il suo ruolo pareva potersi scontrare con la figura di Gigi Buffon, al tempo alle prese con alcuni malanni alla schiena conditi da prestazioni non propriamente soddisfacenti. Il numero 1 della Nazionale fu infatti fermo ai box fino alla 20esima giornata lasciando perciò la porta bianconera tra le mani dell’ex Sampdoria che riuscì ad adempiere al suo ruolo con grande efficienza risultando peraltro autore di match miracolosi: famoso fu un Roma-Juventus di Aprile 2011 terminato 0-2 solamente grazie ai prodigiosi interventi del portiere cresciuto proprio nelle giovanili giallorosse. I picchi di forma in concomitanza con le partite contro la Roma non erano una novità, Storari l’anno precedente vestiva la maglia della Samp e fu uno dei protagonisti principali della sconfitta capitolina che valse ai giallorossi la fine del sogno scudetto in vantaggio dell’Inter. Quella partita inaugurò una serie di felici coincidenza per Storari che, proprio contro la Roma, sarà autore di altre fantastiche prestazioni e incarnazione di tanti incubi nei supporters della Lupa. “A Roma ho i parenti che vengono a vedermi, ci tengo a fare bene”. Dichiarò in un post gara. Assimilare la sua esperienza bianconera a questa curiosità è riduttivo nei confronti della sua storia ma questo pezzo vuole essere riferito ad alcuni episodi simpatici per raccontare i grandi 12 nella storia della Juventus e, quando penso a Storari, mi risulta difficile non assimilarlo alle sue fantastiche partite contro la patria natia. Per il resto mi basta leggere il suo palmarès con la maglia bianconera: 64 presenze in 5 anni, 4 scudetti, 2 Supercoppe e una Coppa Italia. Terminerà la carriera lontano da Torino, da prima riportando il Cagliari in Serie A per poi occupare lo slot di terzo portiere nel Milan dopo esser stato cacciato dalla Sardegna in seguito ad alcune polemiche con gli ultras del Casteddu. Oggi è il Professionals Talent Development della Juventus e si sta rivelando uno dei dirigenti in rampa di lancio in seno alla Vecchia Signora.
-Antonio Chimenti
E’ vero, non possiamo considerare Chimenti come uno dei più forti 12 passati alla Juventus ma la sua figura è rimasta iconica per molti dei miei coetanei. Chimenti sembrava il perfetto alter ego di Buffon perché era tutto il contrario del numero 1 carrarino: lui un vero dio greco testimonianza del credo “kalòs kai agathòs , ciò che è bello è anche buono. L’altro invece fedele rappresentazione del vecchio volpone: non propriamente bello, apparentemente più anziano rispetto a quanto riportato sulla carta d’identità e incerto nelle poche volte in cui veniva chiamato in causa. D’altronde il suo ruolo all’interno del mondo Juventus era riservato a quello di fido compare del numero uno che, al tempo, lasciava soltanto le briciole ai suoi compagni di ruolo. Non a caso, la sua figura fu messa in discussione una volta che il numero uno della Nazionale fu vittima di un brutto scontro con Kakà in occasione del trofeo Berlusconi 2005 che gli procurò la rottura della spalla destra. La Juventus ricevette dal Milan il prestito di Christian Abbiati a titolo risarcitorio e Chimenti chiuse la sua prima parentesi juventina come terzo portiere. I due anni seguenti gli restituirono una certa dose di credibilità diventando titolare del Cagliari e mettendo a referto ben 7 clean sheet su 22 incontri durante la stagione 2006-2007 (una gara su tre). Tornerà alla corte della Vecchia Signora nel Luglio del 2008 in conseguenza a uno scambio di mercato con l’Udinese che vide Belardi fare il percorso inverso. La sua seconda esperienza fu decisamente peggiore della prima perché, quando chiamato in causa, si rese autore di alcune goffissime prestazioni; una su tutte, quella contro la Sampdoria del 21 Marzo 2010 dove, dopo aver subito gol da centrocampo a opera di Cassano, si frantumò una mano sfogando la sua rabbia sul tavolo dello spogliatoio ospiti di Marassi. Quell’episodio rischiò di lasciare mister Ferrara orfano di tutti i portieri della Prima Squadra tant’è che, per la gara successiva, fu allertato il portiere titolare della Primavera: Carlo Pinsoglio. Per lui non ci fu modo di segnare l’esordio perché Manninger riuscì a mettersi in sesto per gli impegni successivi però, come ben sapete, riuscirà a togliersi le ugualmente alcune soddisfazioni.
-Michelangelo Rampulla
Chissà se Michelangelo in quel Cremonese-Atalanta dove fece la storia ripensò ai pomeriggi passati a Patti dove il papà, tra una scorrazzata e l’altra sulla 500 dipinta di bianconero, lo convinse a mollare le ambizioni da attaccante per trasformarsi in portiere. Aveva ragione lui però, da tipico testone siculo, mi piace pensare che Rampulla a quel sogno di divertirsi offendendo piuttosto che difendendo non abbia mai rinunciato: leggenda narra che il primo gol segnato da un portiere in Serie A, gli abbia portato in dote la chiamata della Juventus diventando uno dei 12 più amati nella storia della Juventus. Il fatto che fosse un tifoso scalmanato di quei colori era secondario perché, tutte le volte che veniva chiamato in causa, sapeva dimostrare a pieno il suo valore: come durante la semifinale di Coppa UEFA contro il PSG quando una morìa di infortuni che non risparmiò neppure Peruzzi obbligò Trapattoni a schierarlo titolare. Lui ripagò con dei grandissimi salvataggi sulle conclusioni di Weah e Roche permettendo poi a Baggio di segnare l’1-0 decisivo. La Juventus poi vincerà quel trofeo sul quale c’è ben impressa la firma di Rampulla. Gli anni seguenti lo videro protagonista di altre grandissime prestazioni e chioccia di due delle più grandi promesse mondiali nel ruolo: Edwin Van der Sar e Gigi Buffon. Con il primo non andò bene tanto che, durante alcuni momenti del campionato 2000-2001, Lippi fu tentato dallo schierarlo titolare ai danni del portiere olandese. Chissà come sarebbe andata ma penso che, tutto sommato, Rampulla sia contento di quanto collezionato con la maglia bianconera. Uno di noi mai dimenticato, a lui sono intitolati gli Juventus Club di Massa-Carrara (uno dei più grandi dell’universo strisciato) e di Caltanissetta.