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L’EDITORIALE – IL MOMENTO PIù DIFFICILE | DI MIRKO NICOLINO
28 Novembre 2021

Il momento più difficile dell’era Andrea Agnelli
Inutile girarci attorno, il momento che sta vivendo la Juventus è il più difficile da quando alla presidenza c’è Andrea Agnelli. Un ciclo è finito e ora la Vecchia Signora sta facendo maledettamente fatica a riaprirne uno nuovo. “Cambiare prima di essere costretti a farlo”: è questa la linea guida della dirigenza bianconera, come ribadito nel documentario All or Nothing Juventus. Ritenuto da sempre un dirigente preparato e visionario, Agnelli ha sempre cercato di precorrere i tempi, ma è fin troppo evidente che negli ultimi anni più di qualcosa è andato storto.
Tutto ha avuto inizio con il quinto anno del ciclo Allegri, quando dopo i primi 5 mesi si è spenta letteralmente la luce, nonostante ci fosse l’effetto Ronaldo, al suo primo anno, a trascinare dal punto di vista dell’entusiasmo. L’errore è stato probabilmente quello di pensare che con la stessa rosa, di cui Allegri chiedeva un profondo rinnovamento, un altro allenatore potesse, come qualcuno disse allora, “fare gol con il pallottoliere”. La stagione di Sarri è stata invece l’emblema del corto muso con 23 vittorie su 34 per un solo gol di scarto, ma soprattutto con uno spogliatoio dilaniato sin da subito. in questi giorni Buffon ha raccontato che già dopo un mese dal suo arrivo, quindi ad agosto, Sarri aveva avuto screzi con alcuni. E questo fa capire che tipo di stagione sia stata quella, che si è conclusa comunque con uno scudetto importantissimo.
L’anno dopo l’azzardo con Andrea Pirlo, che lo ribadisco, ha centrato tutti gli obiettivi fissati dalla società: chiusura tra le prime 4 in campionato, ottavi di Champions, Coppa Italia e Supercoppa Italiana. Perché è stato mandato via dunque? Perché c’era una situazione di oggettiva difficoltà alla Continassa, con molte regole comportamentali che erano venute meno e la possibilità di ingaggiare un tecnico che quell’ambiente lo aveva gestito magistralmente per 5 anni era troppo ghiotta per lasciarsela scappare.
Allegri è tornato al JTC comminando multe e punizioni di qua e di là ad elementi che non avevano capito bene dove si trovassero e cosa implichi giocare per la Juventus. Da lì in poi ha iniziato a costruire la squadra, senza Cristiano Ronaldo e solo con Locatelli in più. Una cosa è certa, anche lui pensava fosse più semplice e ora ne sta pagando le spese. Era convinto che i 35 gol di Ronaldo, come qualcuno è andato ripetendo per mesi, si sarebbero redistribuiti a tutti gli altri calciatori della rosa, fino ad allora “ottenebrati” dalla presenza di CR7. Niente di più sbagliato: se Bentancur ha messo a segno 2 gol in 5 anni alla Juventus, non avrebbe di certo iniziato a segnare a raffica per l’addio del portoghese. È solo un esempio, ma i numeri sono impietosi e dicono che sì, la Juventus ha ancora un’ottima difesa, la 4a del campionato, ma ha il 13° attacco. Ha segnato solo un gol in più del Genoa, ma realizza meno reti del Bologna.
Nelle prime 8 giornate di Serie A, secondo le statistiche della Lega, la Juventus confezionava addirittura più palle gol del Napoli, ma faticava a concretizzarle. Ora costruisce azioni gol col contagocce e quelle poche che crea non riesce, come prima, a concretizzarle. Una squadra che ha in rosa 19 nazionali, per giunta di nazionali forti, non può essere così male amalgamata. Quando le cose vanno male non si salva nessuno: allenatore, dirigenza, giocatori. Accusare solo una componente “a prescindere” non porta da nessuna parte e non ci fa andare a fondo delle questioni. Cambiare prima di essere costretti a farlo, a parole sembra semplice. Poi c’è la realtà che ti presenta il conto, caro presidente Agnelli.